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Mostra speciale "Hanbok, Our Beloved" (한복, 우리가 사랑한) 15 settembre - 1 novembre

23/9/2015

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Il vestire è una componente fondamentale della vita umana; esso stesso è, anzi, definizione di umanità e civiltà. In Asia Orientale, più che in altre aree del mondo, l’abito identifica i popoli; il kimono 着物, in Giappone, il qípáo 旗袍, in Cina, lo hanbok 한복, in Corea. In occasione del 70esimo anniversario dell’Indipendenza del paese dal Giappone (광복 70주년 기념 한복 특별전), tra i numerosi eventi organizzati nella capitale Seoul 서울 figura un’interessante mostra sullo hanbok, l’abito tradizionale coreano, patrocinata dal Ministero della Cultura, dello Sport e del Turismo (문화체육관광부), e organizzata in cooperazione dallo Hanbok Advancement Center (한복진흥센터), il Kyungwoon Museum (경운 박물관), il Pavillion of Lee Rhe Za Hanbok (이리자 전시관), Korea Tourism Organization (한국관광공사). Il titolo della mostra, che si svolge nel Cheongwadae Sarangchae 청와대 사랑채, museo della Residenza presidenziale, è “Hanbok, Our Beloved” (한복, 우리가 사랑한), e questa ripercorre la storia dell’abito coreano a partire dalla fine degli anni ‘40 del Novecento sino ai nostri giorni, oltre che a celebrare la bellezza dell’abito tradizionale, oggi indossato solo in occasioni speciali quali il primo compleanno, il matrimonio, la festa di Chuseok (Giorno del Ringraziamento), che quest’anno si terrà il 27 di settembre. 
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L’esposizione, ad ingresso gratuito, si compone di 6 tappe. All’inizio della mostra, una linea del tempo permette allo spettatore di guardare indietro settant’anni dai giorni nostri (Sezione 2, 한복, 시대와 함께 흐르다), fornendo, attraverso foto d’epoca, un’idea dell’atmosfera di quei tempi. Prima di questa, però, colpisce la possibilità di poter lasciare un proprio commento o un’impressione per scritto sullo hanbok e, a giudicare da molti di questi, forte risulta l’attaccamento dei coreani all’abito tradizionale, nonché l’interesse sempre più crescente da parte degli stranieri per questo che, più che un indumento, è quasi sempre una vera e propria opera di alto artigianato tessile. Alla prima parte della mostra appartengono poi importanti pezzi quali tre degli hanbok dell’attuale Presidentessa Park Geun-hye (박근혜 대통령), ormai noti al mondo perché da lei indossati in occasione di eventi ufficiali e vere e proprie icone della sua politica di Diplomazia Culturale (Sezione 3, 한복, 세계를 품다), così come gli hanbok indossati da Rhee Seung-man (이승만 대통령), il primo Presidente della Corea del Sud, e dalla First Lady Francesca Donner Rhee (Sezione 4, 한복, 빛을 되찾다). Segue poi una panoramica delle evoluzioni stilistiche e in termini di materiale, fabbricazione e decorazione che, attorno agli anni ‘50 e ’60, hanno interessato il jeogori 저고리, la piccola camicetta, e la ch’ima 치마, la lunga gonna, che rispettivamente compogono la parte superiore e inferiore dell’abito tradizionale coreano. Tra queste, ricordiamo l’introduzione del nylon nella produzione dello hanbok, avvenuta dopo la Guerra di Corea, così come una diffusione nella produzione di abiti in broccato e in velluto, resi relativamente più economici dal fatto che, a partire dagli anni Sessanta, questi tessuti, un tempo esclusivamente importati da Cina e Giappone, cominciarono ad essere prodotti in Corea. Tra le sezioni successive la 10, intitolata “The Golden Era of hanbok” (한복 황금시대), è sicuramente una delle più interessanti in quanto incentrata sulla condizione dell’abito coreano tra gli anni ‘70 e ‘80, periodo nel quale, per via della rafforzamento del nazionalismo avvenuto sotto Park Jung-hee (박정희 대통령), vi fu una sorta di riscoperta e rivalutazione dello hanbok innalzato a uno dei simboli dell’identità coreana. Con la fine del regime dittatoriale (fine degli anni Ottanta) lo hanbok comincia a prestarsi a contaminazioni esterne, preludio alla sua rivisitazione in chiave moderna avvenuta di recente nell’ambito dell’alta moda. In proposito, quale esempio, possiamo citare lo hanbok commemorativo delle Olimpiadi di Seoul del 1988, “88 Seoul Olympic Hanbok”, uno dei pezzi più interessanti della mostra assieme al costume di “Miss Corea 1977”, premiato come Miglior Abito Nazionale. Non manca poi una parte dedicata agli hanbok che compaiono in famosi drama in costume, una produzione cinematografica molto apprezzata anche all’estero e che ha contribuito alla diffusione, all’interno di quel fenomeno conosciuto come hallyu, “Korean Wave”, alla conoscenza dello hanbok al di fuori della Corea (Sezione 11, 한복과 한류). Conclude la mostra una parte dedicata allo hanbok modernizzato che oggi, grazie al contributo di abili stilisti coreani, calca le passerelle dell’alta moda in ogni angolo del mondo (Sezione 16, 한복, 경계를 넘어서).
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Per concludere, “Hanbok, Our Beloved”, mostra che si tiene dal 15 settembre al 1° di novembre, è, seppur nelle sue piccole dimensioni, un gioiello con i suoi quasi novanta abiti, assolutamente unici, che permettono al visitatore di farsi un idea più che ampia della bellezza di uno dei patrimoni più significativi della cultura coreana.


Link utili:


Sito ufficiale del Hanbok Advancement Center:  http://www.hanbokcenter.kr/
Blog ufficiale del Hanbok Advancement Center: http://blog.naver.com/hanbok_kr
Pagina Facebook del Hanbok Advancement Center: https://www.facebook.com/hacofficial


Guida ufficiale della mostra in coreano:
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"Fleurs qui ne se fanent pas": mostra di fumettisti coreani sulla questione delle "comfort women"

7/3/2014

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Opera di Choi In-seon - 우리는 어디로 가고 있는가
La comunicazione visiva, il trasmettere cioè un messaggio attraverso un'immagine, è, come sappiamo, la forma espressiva di più grande effetto comunicativo, in quanto capace, nel più breve tempo possibile e in maniera fruibile da chiunque, di comunicare e ispirare nell'osservatore idee, riflessioni, sentimenti e emozioni, un potere evocativo, questo, reso ancora più forte sulla base dei soggetti rappresentati. È proprio a questo potere evocativo che il governo coreano si è appellato nella sua iniziativa di sensibilizzazione nazionale e internazionale sul delicato tema delle “Comfort women”, tragedia storica del XX secolo argomento della mostra collettiva di autori dal titolo “Fleurs qui ne se fanent pas - Je suis la preuve (지지않는 꽃, Jijianŭn kkott, trad. “Fiori che non appassiscono” - I'm the Evidence )", realizzata in cooperazione con la privata Associazione coreana per il manhwa e l'istituzione pubblica Komacon (Korea Manhwa Contenst Agency).
Curata dal direttore Shin Myŏnghwan(신명환), “Fleurs qui ne se fanent pas” è stata ospitata dal 30 gennaio al 2 febbraio 2014 alla 41esima edizione dello ANGOULEM Festival International De La Bande Dissinée (Festival Internazionale del fumetto di Angoulêm, Francia), che quest'anno, in occasione della ricorrenza del centenario dall'inizio del primo conflitto mondiale, aveva quale tema principale la rappresentazione e l'invito alla riflessione attraverso il fumetto, sulla guerra e sulle atrocità di quest'ultima.
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Locandina del "Exposition Corée - Fleurs qui ne se fanent pas"
La mostra, che ha registrato un grande successo di pubblico con ben 17 mila visitatori provenienti da diversi paesi, si struttura in tre differenti spazi espositivi. La sezione Passato è incentrata sulla descrizione del contesto storico dell'Asia Orientale alla vigilia della seconda guerra mondiale e ricostruisce le ragioni e le modalità che hanno portato all'istituzione del corpo militare delle “comfort women” da parte dell'esercito giapponese. La sezione Presente, invece, descrive il funzionamento di quello che George Hicks in un suo celebre saggio sull'argomento ha definito come «il più grande ed elaborato sistema di traffico di donne nella storia dell'umanità», presentando allo spettatore quella che fu la dura realtà della vita di quelle donne costrette ad una simile condizione di schiavitù. La sezione Futuro, poi, è un augurio a che si faccia definitiva chiarezza sull'accaduto, che i carnefici riconoscano le loro colpe assumendosi le proprie responsabilità e chiedano scusa alle loro vittime, e affinché si ponga fine a quelle tendenze negazionistiche e revisionistiche che purtroppo, ancora oggi, permangono (lo stesso svolgimento della mostra in Francia è stato in parte ostacolato dall'Ambasciata giapponese e da alcuni privati le cui manifestazioni hanno portato alla sospensione di parte del programma della stessa che, in origine, avrebbe visto un incontro alla presenza di alcune vittime chiamate a portare testimonianza diretta degli avvenimenti, incontro questo poi non realizzatosi). Infine, quale parte integrante della mostra, è stato destinato uno spazio nel quale i visitatori sono invitati a lasciare un commento e un'impressione sull'argomento, cosa questa che, nella rassegna francese ha visto una commossa partecipazione dei visitatori ma ha anche messo in evidenza di come, ancora oggi, la questione delle “comfort women” sia ancora poco conosciuta.
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"Canzone di una farfalla" di Jeong Ki-young e Kim Kwang-sung
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"오리발 니뽄도 (Japan Playing Innocent)" di Lee Hyun-se
Opera principale dell'esposizione è "나비의 노래(Canzone di una farfalla)", composta da cento tavole realizzate in inchiostro su carta tradizionale coreana dai due artisti Jeong Ki-young(정기영, scrittore) e Kim Gwang-sung(김광성, disegnatore) e che racconta il dramma di alcune ragazze rapite e costrette con la forza dall'esercito giapponese ad impiegarsi come “comfort women”. Da notare anche la presenza di opere di artisti affermati come Tak Young-ho(탁영호), Lee Hyun-se(이현세), Baek Sung-min(백성민), Park Jae-dong(박재동), Cho Kwan-je(조관제), Oh Sé-young(오세영), Ahn Soo-cheol(안수철), Kang Hyo-suk(광효석), Kang Do-ha(강도하), Park Kun-woong(박건웅), Keum Sook Gendry-Kim(김금숙), Shin Ji-soo(신지수), che si cimentano con successo in questo delicato tema. I contributi di questi ultimi, in forma di racconti brevi, saranno raccolti e pubblicati in volume. Completano l'esposizione le due opere l'Automa, un volume che raccoglie le creazioni dell'artista Ahn Soo-cheol(안수철) e un'istallazione di Lee Je-sŏk(이제석). Inoltre è prevista la proiezione di un inedito lungometraggio animato dal titolo "끝나지 않은 이야기(Una storia ancora senza fine)" assieme al cortometraggio dal titolo "소녀이야기(Herstory)" di Kim Joon-ki(김준기).

Vogliamo segnalare, infine, che, a seguito del grande successo registrato in Francia, dal 18 febbraio al 16 marzo 2014, la mostra è nuovamente ospitata presso il Bucheon Korea Manhwa Museum (부천 한국 만화 박물관, Museo del fumetto coreano di Bucheon).

A cura di Gennaro A.(젠나로)

Di seguito riportiamo:

link della pagina ufficiale che la rassegna francese ha dedicato alla mostra:
http://www.bdangouleme.com/394,exposition-coree-fleurs-qui-ne-se-fanent-pas  (in francese)

link della pagina del  Bucheon Korea manhwa museum:
http://www.komacon.kr/comicsmuseum/index.asp (in coreano)
[Pictures from ANGOULEM Festival International De La Bande Dissinée  and Bucheon Korea Manhwa Museum official website and Facebook]
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