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[CULTURA] - Il Giorno dell'Indipendenza della Corea (광복절)

15/8/2015

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Tra le festività pubbliche della Corea, il 15 agosto è in assoluto la giornata più importante in quanto in essa viene celebrato il Gwangbokjeol 광복절 (光復節), ovvero il Giorno dell'Indipendenza della Corea, in conseguenza alla dichiarazione di resa del Giappone pronunciata per mezzo radio in quello stesso giorno del 1945 dall'imperatore Hirohito. 
Si concludevano così i 35 anni più duri di tutta la storia del Paese del Calmo Mattino, con i patrioti coreani che, finalmente, potevano riversarsi nelle strade e nelle piazze di tutto il Paese per festeggiare il raggiungimento di quell'indipendenza per la quale avevano ferocemente combattuto, e a poter innalzare la bandiera nazionale, Taegukgi 태극기, bandita dai giapponesi durante il periodo di colonizzazione, e con essa tappezzare, in segno di libertà, tutti gli edifici del Paese. 
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Foto storiche della parata e dell'esposizione pubblica della bandiera nazionale Taegukgi (태극기)
Nella commemorazione di questa giornata, riconosciuta come festività nazionale a partire dal 1 ottobre 1949, sono numerose le attività e gli eventi che vengono svolti, a cominciare dalla cerimonia ufficiale tenuta dal Presidente della Repubblica che si tiene nella Sala dell'Indipendenza della Coreana, Dongnip Kinyeomgwan 독립기념관, o presso il Centro culturale Sejong, Sejong Munhwa Hoegwan 세종문화회관, ad altri eventi come concerti nella piazza di City Hall (시청), entrate gratuite nei palazzi reali e nei musei, e persino viaggi in autostrada senza pedaggio. Gli edifici pubblici e le case inoltre espongono la bandiera nazionale, mentre girando per la città è possibile udire la canzone "Gwangbokjeol 광복절 노래", scritta da Jeong Inbo 정인보 composta da Yoon Yongha 윤용하, la quale viene utilizzata nelle cerimonie ufficiali che celebrano questo evento.
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Cenni storici dell'invasione giapponese In Corea
L'occupazione giapponese della Corea fu conseguenza di quella particolare condizione nella quale la Penisola si trovava alle soglie del XIX secolo. In quel periodo la Corea era infatti un paese feudale che si stava da poco aprendo agli stranieri dopo un lungo periodo di forte opposizione nei confronti delle richieste di relazioni diplomatiche e commerciali da parte dell'Occidente, condizione questa che era valsa alla Penisola l'appellativo di “Paese eremita”. A quel tempo il Giappone rappresentava in Asia Orientale l'elemento di maggior dinamismo, avendo esso ottenuto negli ultimi decenni dell'Ottocento una forte crescita industriale che lo spinse, al fine di sopperire alla scarsità nell'arcipelago di materie prime necessarie a sostenere quest'ultima, ad orientarsi verso una politica estera di tipo espansionistico. Tale politica, in verità, non era motivata da sole ragioni economiche ma anche dalla volontà di raggiungere una posizione di sicurezza e di prestigio internazionale tale da scoraggiare gli attacchi stranieri e di modo da scongiurare un rischio di assoggettamento così come accaduto alla Cina. La prima tappa dell'espansione giapponese fu proprio la Guerra sino­giapponese per il controllo della Corea, la quale ebbe inizio a seguito dell'incertezza che vigeva nella Penisola in merito alla gestione della rivolta dei tonghak 동학 (dottrina orientale), un movimento nazionalista che proponeva il ritorno ai modelli tradizionali per mezzo del contrasto dell'incremento della presenza straniera in Corea, la quale non solo stava destabilizzando l'economia nazionale (le eccessive importazioni facevano della Penisola quasi uno stato coloniale mentre l'agricoltura, sino ad allora il motore del paese, cominciava a soffrire a causa dell'invasione dei capitali e delle merci straniere, per non parlare poi dell'aggravio delle tasse per i contadini) ma anche modificando le tradizionali correnti di pensiero. La forza inaudita della rivolta dei tonghak, sottovalutata dal governo coreano, portò l'allora sovrano Kojong 고종 왕, anche su pressione della sua consorte, la Regina Min 명성황후(Myeongsung), a chiedere aiuto ai Qing, i quali sbarcarono ad Asan 아산 l'8 giugno 1894. Tale azione violò il Trattato di Tientsin sulla Corea del 18 aprile 1885, che proibiva ai due paesi il dispiego di forze armate sul suolo coreano; da ciò lo sbarco giapponese a Incheon 인천 il 10 giugno. Conclusasi la Guerra sino­giapponese con la pace di Shimonosoki del 17 aprile 1895 che sancì la vittoria nipponica, il Giappone incrementò il processo di riorganizzazione della Penisola coreana per porre questa sempre più sotto la sua influenza, processo in verità iniziato già durante il summenzionato conflitto.

L'ingresso della Corea nell'orbita giapponese fece crescere i timori delle potenze occidentali, specie di Francia, Germania e Russia, le quali avviarono azioni per limitare il potere nipponico. Anche la Regina Min fu favorevole a questa azione tanto che il suo partito cominciò ad orientarsi su posizioni filo­russe. Ciò portò i giapponesi a prendere l'estrema decisione di eliminare la consorte del re; fu così che una spedizione di ultranazionalisti nipponici, la mattina dell'8 ottobre del 1895, fece irruzione nel palazzo reale, sequestrò e picchiò selvaggiamente il sovrano Kojong e l'erede al trono Sunjong 순종 e, giunti nelle stanze della Regina Min, la uccisero barbaramente dopo averne abusato più volte. Per insabbiare poi l'accaduto e supportare la tesi dell'allontanamento volontario, il corpo della Regina Min, ulteriormente seviziato, si dice, allorché inerme, fu dato alle fiamme in un parco vicino; moriva così, a soli 44 anni l'ultima regina coreana, in un episodio che è passato alla storia con il nome di Eulmi Sabyeon 을미 사변 “tragedia dell'anno Eulmi”. L'escalation di violenza e l'incertezza che regnava in Corea e sulla scena internazionale (gli autori della strage al Palazzo Reale restarono, infatti, impuniti), portarono il sovrano Kojong e il suo erede a fuggire, l'11 febbraio del 1896, presso la legazione di Russia, presso la quale formò un esecutivo costituito da ministri filo­russi e accusò di tradimento, destituendoli, i ministri filo­giapponesi. L'esilio di Kojong durò però solo un anno; nel 1897 infatti il sovrano tornò nel suo Palazzo, non quello Gyeongbok 경복궁, sede usuale, ma quello di Deoksu 덕수궁, fatto appositamente costruire vicino alle legazioni straniere per essere più sicuro; fu in tale sede che il 12 ottobre del 1897 si proclamò imperatore del Daehan Jeguk 대한 제국 (L'Impero del Grande Han), una condizione alla quale, tuttavia, non corrispondeva un effettivo potere politico che, di fatto, restava conteso fra russi e giapponesi. Proprio questa rivalità portò alla guerra russo­giapponese la quale, conclusasi ancora con una vittoria nipponica, vedeva la Russia riconoscere la Corea sotto la sfera d'influenza giapponese. Incapace di contrastare in patria il potere nipponico, l'imperatore Kojong chiese aiuto all'opinione pubblica internazionale inviando clandestinamente tre delegati alla Conferenza internazionale per la pace dell'Aia (giugno 1907) per chiedere l'intervento delle potenze partecipanti al fine di liberare la Corea dall'oppressione straniera; la risposta fu negativa. Saltata così l'ultima possibilità, una volta che i giapponesi si accorsero del piano dell'imperatore Kojong, questi fu costretto ad abdicare, il 19 luglio 1907, in favore del figlio Sunjong, l'ultimo sovrano della Corea, costretto a sottoscrivere il 24 luglio 1907 l'accordo che faceva della Corea un vero e proprio protettorato nipponico. Questa condizione, mal tollerata dai coreani, portò a numerose proteste e azioni terroristiche e di guerriglia ma il risultato fu un ulteriore inasprimento della politica coloniale nipponica, la quale portò, il 29 agosto del 1910, alla piena annessione della Penisola al Giappone. Questo giorno è chiamato dai coreani il “Giorno della scomparsa del nostro paese” (우리 나라가 없어지던 날). Da allora seguirono 35 anni di oppressione nei quali i giapponesi lavorarono per annullare se non distruggere l'identità coreana; basti pensare al divieto di parlare in pubblico e di insegnare a scuola la lingua coreana, di poter esporre la bandiera nazionale, di esprimere liberamente le proprie idee e il proprio credo, e seppur vi furono parziali benefici, specie in campo economico, da questa occupazione, essi non sono assolutamente paragonabili alle sofferenze patite dal popolo coreano. Eppure non mancarono coraggiosi movimenti di resistenza come il samil undong 사밀 운동 Movimento del 1° marzo 1919, durante il quale, tuttavia, la proclamazione dell'indipendenza della Corea sulla base del diritto di autodeterminazione dei popoli enunciato il 18 gennaio del 1918 dal Presidente Wilson nei suoi «Quattordici Punti» e la susseguente manifestazione pacifica dei patrioti coreani fu oggetto di una violentissima repressione che, a conclusione dei fatti portò nel paese alla morte di quasi ottomila persone e a oltre settantamila tra feriti e arrestati. Come sappiamo, però, fu dal 1930 al 1945 che si registrarono gli anni più duri dell'occupazione giapponese con la forzata deportazione di giovani coreani, uomini e donne, da impiegarsi sul fronte della seconda guerra mondiale come soldati o come “truppe di conforto” o all'interno delle fabbriche giapponesi come manodopera a basso costo, il tutto prima di giungere al 15 agosto del 1945, il giorno del raggiungimento della condizione della «Corea libera e indipendente».
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