Si concludevano così i 35 anni più duri di tutta la storia del Paese del Calmo Mattino, con i patrioti coreani che, finalmente, potevano riversarsi nelle strade e nelle piazze di tutto il Paese per festeggiare il raggiungimento di quell'indipendenza per la quale avevano ferocemente combattuto, e a poter innalzare la bandiera nazionale, Taegukgi 태극기, bandita dai giapponesi durante il periodo di colonizzazione, e con essa tappezzare, in segno di libertà, tutti gli edifici del Paese.
Cenni storici dell'invasione giapponese In Corea
L'ingresso della Corea nell'orbita giapponese fece crescere i timori delle potenze occidentali, specie di Francia, Germania e Russia, le quali avviarono azioni per limitare il potere nipponico. Anche la Regina Min fu favorevole a questa azione tanto che il suo partito cominciò ad orientarsi su posizioni filorusse. Ciò portò i giapponesi a prendere l'estrema decisione di eliminare la consorte del re; fu così che una spedizione di ultranazionalisti nipponici, la mattina dell'8 ottobre del 1895, fece irruzione nel palazzo reale, sequestrò e picchiò selvaggiamente il sovrano Kojong e l'erede al trono Sunjong 순종 e, giunti nelle stanze della Regina Min, la uccisero barbaramente dopo averne abusato più volte. Per insabbiare poi l'accaduto e supportare la tesi dell'allontanamento volontario, il corpo della Regina Min, ulteriormente seviziato, si dice, allorché inerme, fu dato alle fiamme in un parco vicino; moriva così, a soli 44 anni l'ultima regina coreana, in un episodio che è passato alla storia con il nome di Eulmi Sabyeon 을미 사변 “tragedia dell'anno Eulmi”. L'escalation di violenza e l'incertezza che regnava in Corea e sulla scena internazionale (gli autori della strage al Palazzo Reale restarono, infatti, impuniti), portarono il sovrano Kojong e il suo erede a fuggire, l'11 febbraio del 1896, presso la legazione di Russia, presso la quale formò un esecutivo costituito da ministri filorussi e accusò di tradimento, destituendoli, i ministri filogiapponesi. L'esilio di Kojong durò però solo un anno; nel 1897 infatti il sovrano tornò nel suo Palazzo, non quello Gyeongbok 경복궁, sede usuale, ma quello di Deoksu 덕수궁, fatto appositamente costruire vicino alle legazioni straniere per essere più sicuro; fu in tale sede che il 12 ottobre del 1897 si proclamò imperatore del Daehan Jeguk 대한 제국 (L'Impero del Grande Han), una condizione alla quale, tuttavia, non corrispondeva un effettivo potere politico che, di fatto, restava conteso fra russi e giapponesi. Proprio questa rivalità portò alla guerra russogiapponese la quale, conclusasi ancora con una vittoria nipponica, vedeva la Russia riconoscere la Corea sotto la sfera d'influenza giapponese. Incapace di contrastare in patria il potere nipponico, l'imperatore Kojong chiese aiuto all'opinione pubblica internazionale inviando clandestinamente tre delegati alla Conferenza internazionale per la pace dell'Aia (giugno 1907) per chiedere l'intervento delle potenze partecipanti al fine di liberare la Corea dall'oppressione straniera; la risposta fu negativa. Saltata così l'ultima possibilità, una volta che i giapponesi si accorsero del piano dell'imperatore Kojong, questi fu costretto ad abdicare, il 19 luglio 1907, in favore del figlio Sunjong, l'ultimo sovrano della Corea, costretto a sottoscrivere il 24 luglio 1907 l'accordo che faceva della Corea un vero e proprio protettorato nipponico. Questa condizione, mal tollerata dai coreani, portò a numerose proteste e azioni terroristiche e di guerriglia ma il risultato fu un ulteriore inasprimento della politica coloniale nipponica, la quale portò, il 29 agosto del 1910, alla piena annessione della Penisola al Giappone. Questo giorno è chiamato dai coreani il “Giorno della scomparsa del nostro paese” (우리 나라가 없어지던 날). Da allora seguirono 35 anni di oppressione nei quali i giapponesi lavorarono per annullare se non distruggere l'identità coreana; basti pensare al divieto di parlare in pubblico e di insegnare a scuola la lingua coreana, di poter esporre la bandiera nazionale, di esprimere liberamente le proprie idee e il proprio credo, e seppur vi furono parziali benefici, specie in campo economico, da questa occupazione, essi non sono assolutamente paragonabili alle sofferenze patite dal popolo coreano. Eppure non mancarono coraggiosi movimenti di resistenza come il samil undong 사밀 운동 Movimento del 1° marzo 1919, durante il quale, tuttavia, la proclamazione dell'indipendenza della Corea sulla base del diritto di autodeterminazione dei popoli enunciato il 18 gennaio del 1918 dal Presidente Wilson nei suoi «Quattordici Punti» e la susseguente manifestazione pacifica dei patrioti coreani fu oggetto di una violentissima repressione che, a conclusione dei fatti portò nel paese alla morte di quasi ottomila persone e a oltre settantamila tra feriti e arrestati. Come sappiamo, però, fu dal 1930 al 1945 che si registrarono gli anni più duri dell'occupazione giapponese con la forzata deportazione di giovani coreani, uomini e donne, da impiegarsi sul fronte della seconda guerra mondiale come soldati o come “truppe di conforto” o all'interno delle fabbriche giapponesi come manodopera a basso costo, il tutto prima di giungere al 15 agosto del 1945, il giorno del raggiungimento della condizione della «Corea libera e indipendente».